Commissione parlamentare per l’infanzia

Legge 27 maggio 1991, n. 176

Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo,
   (New York, 20 novembre 1989)

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989.
    2. Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione di cui all’Art. 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall’Art. 49 della convenzione stessa.
    3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della
     sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

I quattro principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza:

 

  1. a) Non discriminazione (art. 2): i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti

        a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del

        bambino/adolescente o dei genitori.

 

  1. b) Superiore interesse (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata

        e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la

        priorità.

 

  1. c) Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente (art.

        6): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e

        il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione tra Stati.

 

  1. d) Ascolto  delle opinioni del minore  ( art. 12 ):  prevede il diritto dei  bambini a essere

        ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per

        gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.

 

Perché questo manifesto

Il nostro Paese ha firmato l’adesione alla Convenzione dei Diritti del Fanciullo il 26 gennaio 1990, ormai trenta anni or sono.

Ciononostante, il diritto dei figli a realizzare e mantenere un valido e significativo rapporto con entrambi i genitori, anche nel caso che questi ultimi abbiano deciso di separarsi o siano stati separati per le più diverse cause della vita – benché palesemente sancito dalla suddetta Convenzione e di conseguenza anche dalla legge italiana – viene di fatto disatteso.

Nel 2013 l’Italia viene condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per non avere predisposto un sistema adeguato a tutelare sempre e comunque il diritto inviolabile al mantenimento di un rapporto significativo figlio – genitore. Questo perché, in numerosissimi casi di separazione, il rapporto dei figli col genitore non convivente – comunemente il padre – viene ostacolato, rarefatto o addirittura totalmente impedito (CEDU, sez. II, sentenza del 29.1.2013, Affaire Lombardo c/ Italia).

Malgrado questa condanna, ad oggi, ben poco è cambiato.

 

Principi della parità genitoriale

 

  • 1 –

  Il bambino nasce libero, è una persona portatrice di diritti e non è “proprietà” di nessuno. L’espressione “mio figlio” indica una relazione di parentela e non di possesso.

È “superiore interesse” del fanciullo che i genitori si pongano nei suoi confronti in modo simmetrico e paritario; essi non sono “uguali”, né possono esserlo essendo persone tra loro differenti. Essi però condividono la responsabilità di agire in modo del tutto equivalente e paritario quei comportamenti di accudimento, nutrizione, protezione, comprensione, cura ed educazione di cui il figlio ha bisogno.

 

  • 2 –

  Il diritto dei figli a fruire ugualmente della indissolubile relazione con entrambi i genitori, sulla base del principio di bigenitorialità, è del tutto indipendente dall’ unione della coppia genitoriale. Quando viene meno la relazione di coppia tra i due partner – qualunque ne sia stata la ragione – non deve in alcun modo decadere la competenza genitoriale  di alcuno dei medesimi, padre o madre che sia, poiché le due questioni sono e devono rimanere separate.

                              Per quanto possa capitare, disgraziatamente, che un’unione di coppia abbia termine in un clima di elevata conflittualità, è assolutamente inaccettabile che i figli vengano coinvolti in tale conflitto. Un genitore che induce i figli a schierarsi contro l’altro,  a rifiutarlo e ad allontanarsi da esso – diffamandolo e criminalizzandolo – arreca insanabile danno ai figli medesimi e si rende responsabile di un comportamento illecito e gravissimo. Gli studi condotti al riguardo – in ambito sia psicologico che medico – ci dicono che, al di là della sofferenza indotta nei propri stessi figli dall’esposizione ad una conflittualità senza ritegno né considerazione alcuna dei profondi legami affettivi che uniscono le persone coinvolte, l’impiego del figlio come arma o come ostaggio può comportare conseguenze gravissime per la salute fisica e psichica del minore. L’alleanza con un genitore nella guerra contro l’altro induce fatalmente profondi sensi di colpa e di angoscia e resterà nella mente dei bambini come trauma incancellabile.   La crescita di questi ultimi non potrà essere accompagnata dalla presenza e dal significativo apporto dell’altro genitore – e già questo è un danno grave – ma vedrà anche altri numerosi e severi problemi: un’esposizione più elevata alle malattie, un’insufficiente resilienza alla frustrazioni adolescenziali, una tendenza alla sfiducia nelle relazioni amorose, un inadeguato bagaglio esperienziale per rivestire, quando e se verrà il momento, il ruolo di genitore. Chi sostiene di amare i figli più della propria vita non può abbandonarsi a comportamenti che ne violano i più essenziali ed inalienabili diritti.

 

 

– 3 –

  I principi di bigenitorialità e di cogenitorialità non devono essere  soltanto scritti nel testo delle convenzioni internazionali, ma devono essere presenti e consapevoli nella mente di tutte le persone che hanno dei figli così come nella mente del  legislatore e del giudice. Non è nelle aule dei tribunali che si deve porre la questione della bigenitorialità;  il “superiore interesse” del figlio deve essere ben  chiaro, radicato e condiviso assai prima della nascita del medesimo e costituire il contratto che vincolerà i genitori sempre e comunque.

Dovendo purtroppo constatare come, nel nostro paese, permanga una visione obsoleta e stereotipata dei ruoli genitoriali, fondata sul costume di una civiltà arcaica e sessista,  ci si pone il compito di diffondere preventivamente una solida cultura della paritaria responsabilità dei genitori verso i figli; solida abbastanza da resistere al risentimento e all’odio se questi sentimenti, malauguratamente, entreranno nella coppia genitoriale. Nella società attuale non c’è più spazio per le stereotipie di genere. Uomo o donna che sia ogni genitore deve parimenti assumersi la responsabilità di fare tutto quello che serve per la migliore crescita del figlio e collaborare con l’altro a questo scopo. Non deve esserci un genitore che dà affetto e tenerezza e uno che indirizza e pone limiti, uno totalmente dedicato ed uno solo occasionalmente partecipe della vita del fanciullo. Dal cambiare il pannolino a preparare la pappa e, in seguito, in ogni successiva fase della crescita, l’accudimento, la cura e l’educazione devono essere attribuzioni completamente condivise. La disparità di genere, la differenza di ruoli e di mansioni, di diritti e di doveri, è la base della discriminazione, dell’odio e della violenza.

 

  • 4 –

  E’ diritto dei fanciulli trascorrere un tempo utile e significativo con i propri genitori. Il tempo assume un senso quando  ha una dimensione tale da consentire la condivisione di vissuti, di esperienze e di emozioni che resteranno impresse nella memoria per il resto della vita. Queste memorie entrano nella formazione della personalità e costituiscono un patrimonio inalienabile.

Ripetere l’abusato luogo comune secondo il quale “non conta la quantità ma la qualità del tempo trascorso con i figli”, significa reiterare una formula falsa e ipocrita convenzionalmente impiegata per coprire irresponsabilità o prevaricazione. Il tempo  delle persone non è quello dell’orologio o del calendario; il tempo delle persone si chiama “vita”. E la condivisione non è quella di una pizza e di un cinema, ma quella del quotidiano, del fare insieme, dell’insegnare e dell’apprendere, della narrazione dei luoghi e delle storie, della trasmissione ai figli della propria esperienza e delle proprie radici.

 

– 5 –

  I figli di oggi sono i genitori di domani. Il genitore, che lo voglia o meno, costituisce per i figli un modello che si imprime nella mente dai primi mesi di vita. Quel modello, buono o cattivo che sia, resterà come impronta originaria e indelebile e accompagnerà la crescita dei fanciulli fino all’età adulta condizionando in essi, fatalmente, la concezione della coppia e della famiglia.

I genitori devono essere consapevoli della loro grande responsabilità: il loro comportamento entrerà nella vita dei figli e sarà comunque per essi un’eredità culturale. Eredità preziosa o deleteria in base a quanto i diritti dei fanciulli – il loro “superiore interesse” – saranno stati compresi e rispettati. Tale impronta familiare si trasmette di generazione in generazione, in forma sia esplicita che implicita, condizionando pesantemente la società intera. In famiglia e nelle scuole si deve insegnare tutto questo ai fanciulli perché possano essere consapevoli e liberi di decidere della loro vita affettiva presente e futura, al di là di stereotipie e disparità di genere.  Diciamo loro “se  comprenderete e farete vostri questi principi, in una sola generazione avrete cambiato il mondo”

 

Convenzione sui diritti del fanciullo, (New York, 20 novembre 1989)

Italia firma 26 gennaio 1990, ratifica  27  maggio 1991 (legge 176/91)

 

art. 18

  1. Gli Stati parti faranno del loro meglio per garantire il riconoscimento del principio

secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori oppure, se del caso, ai suoi tutori legali i quali devono essere guidati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo.

 

  1. Al fine di garantire e di promuovere i diritti enunciati nella presente Convenzione, gli Stati parti accordano gli aiuti appropriati ai genitori e ai tutori legali nell’esercizio della responsabilità che incombe loro di allevare il fanciullo e provvedono alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo.
  2. Gli Stati parti adottano ogni appropriato provvedimento per garantire ai fanciulli i cui genitori lavorano il diritto di beneficiare dei servizi e degli istituti di assistenza all’infanzia, per i quali essi abbiano i requisiti necessari.

 

Art . 29

 

  1. Gli Stati parti convengono che l’educazione del fanciullo deve avere come finalità:
  1. a) favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità;
  2. b) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite;
  3. c) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nel quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua;
  4. d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona;
  5. e) sviluppare nel fanciullo il rispetto dell’ambiente naturale.
  1. Nessuna disposizione del presente articolo o dell’art.28 sarà interpretata in maniera da nuocere alla libertà delle persone fisiche o morali di creare e di dirigere istituzioni didattiche, a condizione che i principi enunciati al paragrafo 1 del presente articolo siano rispettati e che l’educazione impartita in tali istituzioni sia conforme alle norme minime prescritte dallo Stato.

Raccomandazioni  ONU all’Italia, febbraio 2019

Sono stati ricordati inoltre i progressi in tema di sanità pubblica ed è stata posta attenzione sull’importanza di continuare a portare avanti attività di promozione delle vaccinazioni e dell’allattamento al seno nei primi 6 mesi di vita del neonato.

Il Comitato ONU ha messo in luce l’importanza di una regia centrale sui diritti dell’infanzia e che lo Stato italiano assicuri risorse economiche destinate ad implementare politiche e programmi sull’infanzia.

  • Nella maggior parte delle sue Osservazioni all’Italia, il Comitato ONU ricorda l’importanza della partecipazione dei bambini e dei ragazzi in tutte le decisioni che li riguardano e chiede al Governo italiano di istituzionalizzare tale coinvolgimento
  • Il Comitato inoltre richiede che venga garantita piena autonomia e indipendenza all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e che venga creata un’Istituzione nazionale indipendente per i Diritti Umani, in ottemperanza ai principi di Parigi.

Redazione L’Elefante Invisibile

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