Ben venga il femminismo, io lo aspetto e lo auspico da tanti, tanti anni.

Certo, dobbiamo chiarire molto bene cosa si intende per “femminismo”; se questo vuol

dire “emancipazione”, “autonomia”, “autorealizzazione” e completa “parità”, non c’è dubbio

che io sia femminista. Se invece significa frustrazione, risentimento, rancore e pregiudizio,

allora se ne stia alla larga; io però questo lo chiamerei “sessismo”, atteggiamento

insensato e francamente imbecille al femminile esattamente come al maschile. Se diciamo

che le donne sono più intelligenti e sensibili (che vorrà mai dire “sensibile”?), nonché più

altruiste, generose e magari multitasking (altra espressione bufala), oppure se diciamo che

gli uomini sono più coraggiosi, determinati, resistenti, concreti e così via, stiamo dicendo

solo idiozie. È ora di farla finita con le stereotipie di genere. Donne e uomini sono persone,

diverse tra loro come lo sono tutte le persone, con i pregi ed i difetti comuni ad ogni

persona; e sono – devono essere – assolutamente “pari”. La parità di diritti e di doveri, di

lavoro e di stipendio, di morale e di libertà sessuale è la base essenziale, l’unica garanzia

di una parità genitoriale. Pari si deve essere sin dall’infanzia, pari si deve essere nel modo

di affrontare la vita col proprio bagaglio di capacità, di sogni e di ambizioni. Pari si è

nell’adoperare una lavatrice come un ferro da stiro, nel pulire il bagno, fare la spesa e

cucinare e – soprattutto – accudire i figli. Il matrimonio e la maternità non sono un impiego,

essere genitori è una responsabilità e non uno status sociale; la coppia – se funziona –

deve rappresentare l’alleanza per la piena e proficua realizzazione di tutti, madre, padre e

figli. E se non funziona, ognuno per la sua strada, ma con la completa consapevolezza del

proprio indissolubile patto di corresponsabilità nei confronti dei figli.

Le stereotipie di genere e il sessismo imbecille sono alla base della disparità e questa è la

causa prima di quella che gli antropologi definiscono “the longest war in history “, ovvero la

guerra tra donne e uomini. Per questo anch’io che sono un uomo del secolo scorso e che

ho, a suo tempo, dovuto combattere le mie battaglie per salvaguardare il rapporto con mio

figlio, mi schiero in prima linea per l’emancipazione e la piena parità di diritti e di doveri

delle donne in questa società, ancora per molti versi squilibrata, in cui viviamo.

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